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Shiatsu > Prima Parte
ALLENAMENTO

Tesi di Diploma di: Conte dott. Roberto

Relatore: Tirelli dott. Stefano Ter.Shiatsu
Nel suo significato etimologico la parola "allenamento" significa "acquistare fiato". Nel linguaggio sportivo si distinguono due tipi d’allenamento: quello generico, chiamato anche impropriamente preatletico e quello specifico. Il primo tende a fare aumentare progressivamente l'efficienza fisica di un soggetto, vale a dire la quantità di lavoro muscolare che è in grado di compiere senza incorrere nel fenomeno della fatica; il secondo tende a perfezionare la tecnica individuale in un singolo sport. Il primo tipo di allenamento interessa di più l'apparato muscolare, il cuore, l'apparato respiratorio; il secondo impegna soprattutto il sistema nervoso.

I muscoli in conseguenza dell'allenamento subiscono modifiche che ne aumentano il volume, la potenza e la resistenza. Il muscolo allenato si ipertrofizza, vale a dire si ingrossa, non per un aumento del numero delle fibre che lo compongono, ma per il loro ingrossamento, più evidente per quelle fibre muscolari che la vita sedentaria aveva poco sviluppato. Il muscolo allenato aumenta anche in potenza e ciò è dovuto ad un maggiore accumulo locale di sostanze energetiche (glicogeno o zucchero). Nel muscolo allenato il grasso che, nel soggetto sedentario, è accumulato tra fibra e fibra, viene consumato anch'esso come materiale energetico. A causa dell'aumento della richiesta di ossigeno nell'atleta che si allena derivano modificazioni del cuore e della circolazione. Per la pratica dello sport è fondamentale la modificazione che subisce il cuore. In allenamento il cuore si dilata, aumenta cioè lo spessore delle sue pareti, costituite da fibre muscolari; l'ingrossamento di queste fibre determina una maggiore potenza di contrazione: il cuore pompa il sangue nelle arterie con maggiore vigore e lo spinge energicamente anche nei distretti più periferici. La maggiore gittata consente al cuore di diminuire la frequenza delle sue contrazioni. Questo spiega perché il polso del soggetto allenato si aggiri sulle 40-50 pulsazioni al minuto contro le 60-70 del soggetto normale. Le modificazioni a carico dell'apparato respiratorio sono anch'esse strettamente dipendenti dalla necessità che ha il sangue di ossigenarsi maggiormente. Nel soggetto allenato tutti gli alveoli polmonari, e non solamente una parte come nei soggetti sedentari, si aprono per immagazzinare aria ricca di ossigeno; la prova di questo è data dall'aumento della capacità vitale vale a dire la quantità di aria che un soggetto è capace di espellere dai polmoni dopo una profonda inspirazione. In un individuo normale la capacità vitale è di circa tre litri e mezzo e raggiunge i 7-10 litri in un soggetto allenato. Il vantaggio è che l'atleta, partendo da un numero di atti respiratori molto bassi, avrà a sua disposizione un più largo margine prima di giungere alla sofferenza tachipneica, il cosiddetto "fiatone", come invece avviene nel sedentario.

Con lo studio dei fattori nervosi si comincia a considerare l'essenza vera e propria dell'allenamento di tipo specifico. Inoltre le modificazioni dei muscoli, del cuore, dei polmoni consentono all'organismo di compiere un determinato e aumentato lavoro, le modificazioni del sistema nervoso rendono possibile un'esecuzione più rapida, più precisa di un determinato esercizio sportivo. Il perfezionamento della tecnica d’esecuzione è legato a tre fondamentali fenomeni: la coordinazione, l'inibizione e la facilitazione seguiti dall'automatismo. Un altro importante effetto degli allenamenti è dato dalla rapidità di risposta motoria ad un determinato stimolo: ciò che costituisce la base dei riflessi.

La tecnica dell'allenamento, dal punto di vista medico-sportivo si divide in tre punti fondamentali:

inizio del lavoro lento e graduale, allo scopo di individuare ed eliminare possibili fenomeni di sovrallenamento;
continuità e costanza nell'allenamento, dosando individualmente la quantità di lavoro necessaria ad ogni atleta;
l'allenamento non va mai interrotto a meno che un periodo di riposo non venga richiesto da un particolare stato di affaticamento.

L'allenamento si prefigge l’obiettivo di portare l'atleta alle migliori condizioni per una gara, agendo su due aspetti:

lo sviluppo delle qualità atletiche individuali, intese come caratteristiche fisiche, morali e come resistenza allo sforzo;
lo sviluppo e il miglioramento delle qualità tecniche necessarie per l'espletamento di un determinato tipo di sport.

A livello amatoriale il primo scopo dello sport è quello di migliorare lo stato di salute dell'organismo. Purtroppo a volte può essere però causa di lesioni. Le statistiche raccolte sul tipo di lesioni sportive e sulla frequenza con cui insorgono hanno messo in luce alcune cause di traumi di notevole importanza:

allenamento insufficiente;
insufficiente coordinazione dei movimenti in conseguenza di uno stato di fatica eccessiva;
temperatura fredda che non consente una buona irrorazione sanguigna dei muscoli in movimento;
incompleta guarigione da pregresse lesioni traumatiche.
A scopo preventivo si devono perciò raccomandare alcuni provvedimenti:

sviluppo armonico con ginnastica;
evitare l'eccessiva fatica e il sovrallenamento;
necessità di riscaldare i muscoli con esercizi rapidi e brevi prima della gara;
completa guarigione di ogni lesione prima di un ritorno alle gare.

VARI TIPI DI ALLENAMENTO
Le modificazioni dovute all'allenamento rispecchiano la tipologia dell'allenamento stesso. Ad esempio, un allenamento di forza induce una maggior deposizione di fibrille muscolari (o miofibrille) all'interno delle cellule muscolari. Le fibrille sono strutture proteiche che realizzano, attraverso un processo chimico particolare, la contrazione. Le cellule muscolari (spesso indicate anche come fibre muscolari) più ricche di miofibrille appaiono di sezione maggiore. Inoltre si ha una maggior deposizione di altre proteine che costituiscono la trama elastica che circonda e sostiene il sistema delle miofibrille. Questa trama, costituita da circa una ventina di proteine, è relativamente delicata ed in effetti si sfilaccia quando il muscolo è sottoposto a forze molto elevate.
In seguito ad allenamento specifico di forza, all'interno delle cellule muscolari si sviluppa e si potenzia il sistema enzimatico coinvolto nelle reazioni che liberano energia durante gli esercizi di forza (via metabolica anaerobica). L'allenamento di forza induce modificazioni consistenti a livello muscolare, con aumento della massa del tutto evidente che si traduce in un aumento della forza massima. Le modificazioni sono però fugaci ed infatti si cancellano dopo circa un mese se l'allenamento viene sospeso.
Più consistenti e complesse sono le modificazioni indotte dall'allenamento di resistenza. Infatti, questo tipo di lavoro coinvolge grandemente l'apparato cardiovascolare. A livello muscolare l'allenamento di resistenza aumenta la capillarizzazione del muscolo, inoltre potenzia il corredo enzimatico che controlla la cosiddetta via metabolica aerobica. Non vi è deposizione di miofibrille, vi è però riduzione dei depositi di grasso muscolare. dal punto di vista cardiovacolare, l'allenamento di resistenza migliora grandemente la capacità di pompa del cuore. Gli effetti dell'allenamento aerobico si realizzano lentamente nel corso degli anni e anche lentamente decadono. Un buon condizionamento aerobico è considerato un buon investimento per la salute, mentre non si può dire lo stesso dell’allenamento di forza.

Sport di potenza

L’allenamento di potenza mira sostanzialmente ad aumentare la forza muscolare. Questo si realizza attraverso un miglioramento delle proprietà contrattili e della coordinazione neuromuscolare.
I muscoli sottoposti a questo tipo di allenamento vanno incontro ad ipertrofia, caratterizzata da aumento della deposizione di miofibrille all’interno delle cellule muscolari che quindi aumentano di spessore. Questo fenomeno è soprattutto a carico delle fibre cosiddette rapide. Il fenomeno dell’iperplasia, cioè dell’aumento del numero delle cellule muscolari è del tutto trascurabile.
I protocolli di potenziamento si basano su una serie di ripetizioni di un esercizio con sviluppo di forza tra il 70 e il 90% della massima. Il numero delle ripetizioni può essere di 10 con il 70% della forza massima e di 5 con il 90% della forza massima.
Il dispendio energetico di questi allenamenti, malgrado l’elevato sviluppo di forza, è trascurabile, pertanto non si ha mai un effetto condizionante sul sistema aerobico.
In generale, questo tipo di allenamento comporta forti rischi di lesioni da sovraccarico, va quindi attentamente calibrato. Inoltre comporta un forte aumento della pressione e quindi un sovraccarico per il cuore. Per questo motivo è da sconsigliare a soggetti ipertesi o coronaropatici.

Sport di resistenza

La scelta del carico di lavoro si può effettuare considerando la frequenza cardiaca.
Per evitare che l'attività da aerobica passi ad anaerobica lattacida, la frequenza cardiaca non dovrebbe superare: (220 - età x 75%).
Meglio se compresa tra il 65% ed il 75% di (220 - età).
Esempio 30 anni: 220 - 30 = 190 x 65/75%, corrisponde ad una frequenza compresa, con lievi margini d'approssimazione, tra 120 e 140 battiti al minuto.
Infatti esiste una relazione abbastanza ben definita tra frequenza cardiaca e entità della richiesta energetica (consumo di ossigeno), questa relazione è indipendente da sesso, età e livello organico di funzionalità cardiovascolare.
Il numero 220 rappresenta una costante che indica i limiti anatomici e fisiologici del cuore. Il valore dell'età viene sottratto poiché dopo i 25 anni la frequenza cardiaca massima comincia a diminuire progressivamente al ritmo approssimativo di un battito ogni anno.
Dalla frequenza cardiaca massima si sottrae il valore della frequenza cardiaca a riposo perché quest'ultima varia da individuo ad individuo a causa di un differente grado di fitness e di altri fattori. Il momento migliore per misurare la frequenza cardiaca a riposo è al mattino, prima di alzarsi dal letto. Gli atleti che assumono farmaci devono chiedere al loro medico se questi possono provocare alterazioni a carico della frequenza cardiaca a riposo e\o durante gli esercizi (come, ad esempio, i trattamenti farmacologici usati per il controllo dell'ipertensione).
Quindi si calcola il limite di sicurezza del battito cardiaco moltiplicando x 0,65 (0,75), ossia: 65% (75%) del limite di sicurezza della frequenza cardiaca.
Per sollecitare adeguatamente il sistema cardiorespiratorio, gli atleti devono lavorare con una frequenza oscillante tra il 65% e il 75% del proprio limite di sicurezza della frequenza cardiaca. Questa aumenta quando i movimenti o gli esercizi coinvolgono sia la parte superiore che quella inferiore del corpo, ma anche quando i movimenti sono eseguiti in maniera sbagliata. Una persona che si allena mantenendosi al di sopra della frequenza cardiaca di allenamento aerobico (cosa piuttosto comune) può correggere lo stile della corsa rendendola più efficace. Mantenendo costante il ritmo di allenamento, nel giro di 6-8 settimane la frequenza cardiaca a riposo degli atleti comincerà a diminuire a causa del processo di adattamento del sistema cardiocircolatorio
Indipendentemente poi dalle condizioni individuali, vi sono linee guida che hanno un fondamento scientifico e che è meglio rispettare:
Iniziare lentamente. Spesso, dopo anni di sedentarietà, il sovraccarico può causare dolori e vere e proprie patologie ad articolazioni, giunture, muscoli. Non è mai consigliabile spingersi sino al punto da provare dolore.
Fare il riscaldamento. Il riscaldamento, di norma 5 minuti, ha lo scopo di innescare una serie di meccanismi di adattamento allo sforzo che richiedono un certo tempo per portarsi a regime.
Sono utili gli esercizi di stretching e di scioltezza, corsa leggera con frequenza cardiaca mantenuta al 50-60% della massima.
Allenamento. 30 minuti di attività con frequenza cardiaca tra il 70 e l’80% della massima.
Fare defaticamento alla fine dell’allenamento. Al termine dell’allenamento ridurre progressivamente la velocità nell’arco di 5-10 minuti.
Molti sono gli adattamenti funzionali legati all’allenamento di tipo aerobico. Aumenta il numero dei mitocondri, aumenta il corredo enzimatico della via aerobica pertanto i muscoli migliorano la loro capacità ossidativa (i muscoli sono orientati ad usare i grassi come substrato energetico); aumenta la capacità di pompa del cuore pertanto aumenta la gettata cardiaca, si riduce la frequenza cardiaca ad ogni carico di lavoro (e anche a riposo), aumenta il volume del plasma, si riduce la pressione arteriosa, si modifica la composizione corporea riducendosi la quota di grassi.

Allenamento isocinetico

Questo tipo di allenamento si avvale di una strumentazione che impone un movimento a velocità costante (isocinetico) mediante un braccio meccanico reso solidale ad un arto con opportuni bendaggi. Ad esempio, la macchina impone l’estensione della gamba. In questo caso il soggetto è invitato a contrarre massimamente il quadricipite durante il movimento di estensione a velocità costante. Questa metodica offre il vantaggio di poter misurare la forza sviluppata dai gruppi muscolari, ed inoltre di risalire alla potenza erogata conoscendo la velocità con cui si verifica il movimento. E’ una metodica soprattutto utile nella riabilitazione successiva ad interventi o malattie ove è necessario quantificare i miglioramenti conseguiti con un protocollo di potenziamento.
La corsa lenta rappresenta la migliore attività dimagrante proprio perché il numero delle articolazioni interessate è considerevole: caviglia, ginocchio, anca e lombosacrale (bassa schiena). Accessoriamente anche le spalle sono coinvolte per il mantenimento dell'equilibrio durante l'attività.
L'uomo moderno può passeggiare per tante ore, la necessità di porre termine all'attività sarà dipendente da una situazione di stanchezza generale e non dall'attività stessa. E' per questo motivo che il metabolismo aerobico è caratterizzato da una attività teoricamente infinita. Non siamo invece adattati a salire una gradinata infinita con pari disinvoltura: prima o poi ci dovremo fermare perchè la muscolatura della catena estensoria dell'arto inferiore sarà sfinita. In questo caso sarà un problema locale ad imporre la sosta, non generale, a conferma che la seconda attività (step) non potrà mai essere efficacemente aerobica e quindi lipolitica.
Il concetto di sovrallenamento si applica esclusivamente alla fase di miglioramento della forma fisica vicina al "picco forma". Tipicamente, ad esempio nell'atletica, un atleta deve aumentare il carico di allenamento per raggiungere il picco forma in occasione di un appuntamento agonistico importante. La fase di carico va opportunamente dosata in quanto si possono verificare due casi: l'atleta raggiunge il picco forma in ritardo rispetto all'appuntamento agonistico, oppure in anticipo. In questo secondo caso, passato il "picco", vengono a spegnersi una serie di adattamenti organici che tipicamente ottimizzano la performance, compare la fatica, la minor tolleranza dello sforzo e l'impossibilità di raggiungere la massima performance.

ALLENAMENTI SPECIFICI

Per chi inizia ( Aerobico a intensità medio )
Per aumentare le capacità respiratorie (come comunemente si dice "farsi il fiato"), l’ossigenazione dei tessuti e l’attività del sistema cardio-vascolare si suggerisce un allenamento aerobico a media intensità, basato sulla corsa (jogging) all'aperto o con attrezzature per l'home fitness, quali un tappeto rotante. Per chi non ha tempo o non ha spazi verdi vicino alla propria abitazione, il tappeto rotante può realmente rappresentare una soluzione.
L'allenamento interno ha anche dei vantaggi specifici:
il tappeto rotante ammortizza il passo e limita l'affaticamento della schiena
il computer in dotazione consente di ottimizzare gli allenamenti modulando tempi, distanze e velocità e, nei modelli migliori, misurare il consumo calorico.
Tabella di allenamento standard:
I settimana II settimana III settimana IV settimana in seguito....
3 giorni 3 giorni 3 giorni 3/4 giorni 3/4 giorni
10 minuti 10 minuti 15 minuti 20 minuti 20 minuti
Correre per mantenere un buon livello di benessere (Jogging)
Dato per assodato che la pratica di una qualsiasi attività fisica contribuisce a farci sentire meglio e ci fa vivere più a lungo, l’attività sportiva meno costosa e di più facile accesso è la corsa. E’ ormai ampiamente dimostrato che correre regolarmente fa bene alla salute, abbassa la quantità di zuccheri nel sangue, aiuta la circolazione, fa perdere peso e stimola il buon umore. Unica regola da osservare è quella di non esagerare e seguire alcuni semplici consigli pratici.

CORRERE FA BENE......

Studi condotti hanno dimostrato che la corsa fa bene al cuore, migliorandone l’efficienza cardiaca e circolatoria grazie all’immissione in circolo sotto sforzo di sostanze vasodilatatrici. Queste sostanze svolgono la loro azione sui muscoli e sulle arterie: i vasi arteriosi, grazie all’azione di vasodilatazione, aumentano di calibro e mantengono questa dilatazione anche con il cessare dell’attività fisica; il sangue circolante, quindi, incontra meno resistenze nei vasi e tutto ciò favorisce l’abbassamento della pressione arteriosa. L’ipertensione arteriosa è certamente un fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari, ma praticare la corsa a bassi ritmi e senza sforzi violenti, indicazione questa importante specialmente per le persone che hanno la pressione troppo alta, serve come prevenzione per queste patologie del cuore e del circolo.
La pratica costante della corsa giova alla frequenza cardiaca che diminuisce a riposo. Il miglioramento dell’attività del cuore avvantaggia eventuali altre attività sportive, ma soprattutto quelle della vita quotidiana.
Altro fattore di rischio per le patologie cardiache è il valore troppo alto di colesterolo nel sangue: la corsa aiuta anche in questo caso. Alcuni studi americani hanno evidenziato che correre per 6 mesi, per 45 minuti al giorno, per 5 giorni alla settimana, aumenta il valore di HDL (colesterolo buono) del 14-15% e porta a una diminuzione dei trigliceridi. Il colesterolo buono ha la funzione di "spazzino" nei confronti del colesterolo LDL, definito cattivo perché tende a depositarsi sulle pareti interne dei vasi, ostruendo il lume vasale ed ostacolando il flusso sanguigno. Incrementare il valore di HDL ha quindi un effetto preventivo nei confronti della ipercolesterolemia e della arteriosclerosi.
Inoltre chi corre perde peso più facilmente rispetto ai sedentari e il risultato si ottiene correndo soltanto per circa un’ora alla settimana per alcuni anni. Dimagrire è importante certamente per motivi estetici, ma soprattutto per risolvere una serie di problemi maggiori che l’obesità determina. Il grasso in eccesso favorisce l’instaurarsi dell’arteriosclerosi, di disturbi cardiaci, circolatori ed epatici. Il grasso distribuito a "mela", cioè localizzato specialmente all’addome, è più pericoloso di quello a "pera", cioè distribuito sui fianchi e sulle cosce. Fortunatamente l’adipe dell’addome viene eliminato facilmente con l’attività sportiva e in modo particolare con la corsa. Si ottiene il dimagrimento quando diminuisce il contenuto di grasso negli adipociti, cioè le cellule di deposito. L’eliminazione dei grassi avviene attraverso un processo chiamato lipolisi, che viene stimolato negli adipociti durante la corsa: da queste cellule escono i grassi che vengono in seguito utilizzati dai muscoli come fonte di energia. Il grasso corporeo diminuisce e questo porta un vantaggio sia all’estetica che alla salute.
Altro effetto benefico della corsa è quello di ridurre gli zuccheri circolanti nel sangue. Una ricerca, effettuata su un gruppo di soggetti in terapia con insulina o con farmaci ad effetto ipoglicemico e su un certo numero di pazienti con un elevato valore di glicemia, ha dimostrato che un periodo di allenamento con corse e camminate associato ad un regime dietetico appropriato ha dato risultati più che positivi. Il 39% dei soggetti, alla fine di questo periodo, ha potuto sospendere la terapia medica e il 71% ha potuto alternare periodi con farmaci ad altri senza. Questo risultato è spiegato dal fatto che lo sport abitua il muscolo a prelevare una maggior quantità di glucosio dal sangue e ciò è di estrema importanza per i diabetici che convivono con il problema dell’iperglicemia. Lo sport insomma tiene sotto controllo il tasso degli zuccheri.
Lo stress, l’ansia e tutti i disturbi conseguenti migliorano quando si pratica sport. La ghiandola coinvolta maggiormente da queste condizioni emotive è la surrenale che immette nel sangue le catecolamine responsabili dell’aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e delle caratteristiche reazioni all’ansia. La corsa si rivela molto utile nel dominare lo stress e nel neutralizzare i sintomi fisici, forse grazie alla capacità di stimolare la produzione di endorfine, sostanze prodotte dall’organismo, che danno sensazioni simili a quelle indotte dalla morfina tra le quali è importante specialmente la capacità di sopportare il dolore.

COME CORRERE

L’approccio alla corsa, come a qualsiasi altra attività sportiva, deve essere graduale e lento. Alcuni consigli sono essenziali per avvicinarsi alla corsa quando si è inesperti: è meglio non correre quando si è
troppo stanchi, quando si è dormito poco, durante periodi di convalescenza o quando si è affetti da malattie anche lievi, come il raffreddore o il mal di gola.
Sono da evitare le gare con i compagni di corsa, specialmente alle prime uscite quando non si ha un allenamento sufficiente, per poter evitare il rischio di incidenti, di infortuni muscolari o un affanno eccessivo; è consigliabile, durante le prime settimane, lavorare sulla quantità, cercando di aumentare il numero di chilometri percorsi in modo graduale ed evitare inutili gare di velocità; evitare le giornate troppo calde ed afose che porterebbero facilmente a problemi di disidratazione e al colpo di calore; ma anche quelle gelide. Correre su strade non sconnesse al fine di non danneggiare le caviglie, evitare la corsa continua sull’asfalto che causa spesso problemi ai tendini, e, se possibile, correre in ambienti non troppo inquinati. Correre sulla pista di tartan provoca sollecitazioni eccessive a carico dei muscoli e dei tendini, con conseguenti disturbi infiammatori e, talvolta, microfratture a livello del piede.
Allenarsi almeno 3 volte alla settimana a giorni alterni per permettere al fisico di recuperare, correndo con un ritmo blando, per 5 minuti e aumentando gradualmente sia il tempo che la velocità; eseguire esercizi di streching all’inizio e alla fine della corsa.
Ognuno di noi corre assumendo un proprio stile, infatti non esiste una posizione standard, ma certo rispettare alcune regole aiuta ad evitare inutili rischi. Ideale è correre con i muscoli del collo rilassati e tenere la testa in una posizione fissa, non troppo avanti o troppo indietro. Le spalle devono essere decontratte, il busto leggermente inclinato in avanti per riuscire a correre in scioltezza. Non si deve correre a ginocchia alte e sulla punta dei piedi; evitare insomma di saltellare verso l’alto piuttosto che procedere in avanti. Il passo non deve essere particolarmente lungo e il piede deve essere tenuto il più possibile aderente al suolo. Cercare di sincronizzare il movimento delle braccia, comunque siano tenute, con quello delle gambe. Quando si corre in salita cambiano leggermente alcuni particolari della posizione. La testa, le spalle e il busto vengono leggermente inclinati in avanti per potersi muovere più agilmente e con meno fatica; il passo diventa più corto di quello effettuato in pianura, si spinge sulle punte dei piedi facendo leva sulle caviglie e sulla muscolatura anteriore della gamba e della coscia; le braccia, sincrone al movimento delle gambe, aiutano nella spinta in avanti, più o meno come si fa con i bastoncini nello sci di fondo. La discesa viene affrontata con la testa rilassata e dritta, con il busto ancora inclinato in avanti, evitando di inarcare la schiena all’indietro, con il passo corto e il piede aderente al terreno, evitando di correre sui talloni e a balzi, perché ciò comporterebbe danni al ginocchio e al tendine di Achille e con le braccia che accompagnano il movimento in scioltezza, senza farle ciondolare mollemente lungo il corpo. La posizione corretta evita certamente alcuni danni e dolori agli arti, ma anche chi corre in modo corretto non è immune da alcuni piccoli fastidi evitabili con semplici accorgimenti. Quei dolori muscolari tardivi, che si manifestano il giorno dopo alla coscia e al polpaccio, scompaiono spontaneamente, ma migliorano più velocemente se la parte viene massaggiata, se viene eseguito lo streching. I crampi, che sovente interessano il polpaccio, la parte posteriore della coscia e il piede, provocati da una mancanza di sali persi con il sudore, possono essere evitati facendo uso di preparati salini specifici e bevendo molto.
Quando si pratica la corsa, sia a livello agonistico che a livello amatoriale, è opportuno controllare la frequenza cardiaca proprio per trarre il maggior giovamento dalla pratica di questa attività sportiva. Prima di tutto bisogna stabilire quale tipo di corsa viene praticato e, di conseguenza a questo, stabilire quale livello di frequenza cardiaca mantenere. La frequenza cardiaca massima teorica viene calcolata = 200 - età.
Per la corsa lenta la frequenza deve essere il 50-60% della massima, per quella a ritmo moderato, quando si pone come traguardo il dimagrimento, è consigliato un valore corrispondente al 60-70% della massima. Chi pratica la corsa veloce deve avere una frequenza cardiaca intorno al 70-80% della massima mentre questo valore sale all’80-90% in caso di corsa agonistica.

La Maratona

La maratona, corsa di resistenza più conosciuta, era già presente nella prima edizione delle Olimpiadi moderne tenutasi ad Atene nel 1896. La gara fu inclusa nel programma a scopo di rievocazione storica per ricordare la "leggendaria" impresa atletica del soldato Filippide (in alcuni testi viene anche riportato con il nome di Fidippide) che, per portare agli Ateniesi la notizia della vittoria di Maratona sull'esercito Persiano, corse per circa 40 km per poi morire all'arrivo stremato dalla fatica.
In quell'occasione gli organizzatori decisero che il percorso dovesse comprendere per intero lo stesso itinerario tenuto dal celebre militare greco. Mai rimembranza fu più indovinata, infatti, vinse la gara il pastore greco Spyridon Louis che corse i 40 chilometri in 2 h 58' 50''.
La corsa di Louis entusiasmò tantissimo, soprattutto alcuni atleti statunitensi appartenenti alla Boston Athletic Association, che decise in seguito di organizzare nella propria città, una maratona di 39,750 km. Alla manifestazione presero il via quindici atleti e nell'occasione vinse John J. Mac Dermott (New York) in 2 h 55' 10'; era il 19 Aprile 1897. Il fascino di questa massacrante gara si diffuse a macchia d'olio e già dopo alcuni anni in diverse città del mondo, varie associazioni sportive cominciarono ad organizzare delle maratone.
Dopo oltre 10 anni di maratone corse su distanze che variavano dai 38 ai 42 chilometri, nel 1908, in occasione dei giochi Olimpici di Londra, i maratoneti si confrontarono sulla classica distanza dei 42,195 km ovvero la distanza che separava il Castello di Windsor dallo Stadio di White City (infatti, la distanza fu ufficialmente codificata dal C.I.O. alle Olimpiadi di Parigi del 1924). Solo un mese prima, il 3 giugno a Roma, partiva il primo Campionato Italiano di Maratona sulla distanza di 40 km. Vinse l'atleta proveniente da Cecina (RM) Umberto Blasi con il tempo di 3 ore 07'4''. Alla partenza vi era anche il famoso Dorando Pietri che in quell'occasione si ritirò al 33° km per leggera insolazione. Pietri, poco dopo, nella storica maratona olimpica di Londra, terrà col fiato sospeso i centomila spettatori presenti nello stadio olimpico, tagliando il traguardo in prima posizione, barcollante dalla fatica ed essendo purtroppo squalificato per essere stato sorretto dai giudici negli ultimi metri del percorso.
L'interesse per la maratona continuò a crescere negli anni successivi, alimentato dal fatto che in questa gara si registrarono vincitori di giochi Olimpici e Campionati Mondiali (Prima edizione Helsinki 1983) provenienti da ogni parte del mondo. E' infatti raro trovare una gara sportiva per la quale così numerosi paesi, d'ogni continente, possono vantare importanti campioni e dove persino un piccolo paese semisconosciuto come il Djibuti arriva a vincere (Hiroshima 1985) la prima Coppa del Mondo di maratona maschile.
Anche in Italia dopo i risultati importanti di Pietri, Arri e Bertini (questi ultimi vincitori di medaglie ai giochi Olimpici del 1920 e 1924) si sono avuti grandi risultati. Il più importante si ebbe nel 1988 a Seul con la vittoria olimpica di Gelindo Bordin.
La diffusione della maratona fu alimentata soprattutto a cavallo degli anni 60 - 70, quando negli Stati Uniti d'America, esplose il fenomeno del jogging- running. Le corse su strada cominciarono ad essere considerate fenomeno di massa, grazie alla propaganda effettuata dai media. Molti americani vittime della vita sedentaria iniziarono quest'attività sportiva definita: salutare, pratica ed economica. Dalle strade polverose con ristori d'acqua e bevande alcoliche, gli abiti e le calzature sportive improvvisate, si passò in pochi decenni a strade ben asfaltate, integratori salini ed energetici, abbigliamento tecnico e a calzature sportive studiate sia per l'allenamento sia per la competizione.
Il fenomeno destò interesse in milioni di persone in tutto il mondo. Molte aziende di settore cominciarono ad investire notevoli quantità di denaro in pubblicità, contribuendo così all'aumento dei praticanti di questa disciplina sportiva. I grossi investimenti furono vera e propria linfa vitale per il movimento, con la conseguenza che le manifestazioni podistiche cominciarono a crescere in maniera quasi esponenziale.
Negli anni 90, molte organizzazioni diventarono delle vere e proprie aziende commerciali, rappresentative le maratone di New York, Londra, Chicago, Berlino, Rotterdam, Venezia, Roma etc. Per organizzare queste manifestazioni sono necessari addetti che lavorano 12 mesi l'anno, e il giorno della maratona per garantire la perfetta riuscita della manifestazione arrivano a prestare la loro insostituibile opera, anche alcune migliaia di volontari.
Dopo oltre cent'anni di maratone ed il continuo abbattimento dei record sulla distanza, si è arrivati a correre i 42 Km e 195 metri in 2h 05' e 42", attuale primato mondiale.
 
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