Aspetti fisiologici dell'atleta - Nuovo Progetto

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Shiatsu > Prima Parte

 Aspetti fisiolici dell'atleta

Tesi di Diploma di: Conte dott. Roberto

Relatore: Tirelli dott. Stefano Ter.Shiatsu
Quello che segue vuole essere rapido viaggio attraverso il corpo umano con lo scopo di fornire le informazioni basilari utili a comprendere meglio i meccanismi che permettono al fondista di correre in modo così efficiente.
Dal punto di vista fisiologico l’atleta corridore può essere considerato come l’insieme di tre apparati: uno cardiorespiratorio, uno locomotore e uno digestivo per l’apporto energetico, dove gli altri apparati dell’organismo, non strettamente collegati all’attività sportiva, vengono per semplicità trascurati.
Il sistema cardiorespiratorio è formato da due sistemi distinti: il cuore ed i suoi vasi (sistema cardiovascolare), ed i polmoni (sistema cardiopolmonare). Il sistema cardiorespiratorio è principalmente una rete di trasporto nel corpo. Il sangue serve come veicolo per portare i gas (come l'ossigeno) e le sostanze nutritive (come i grassi, gli amminoacidi ed i carboidrati) che sono poi trattenute nel corpo dalle cellule dove sono necessarie. Il sangue raccoglie anche i prodotti di scarto (come l'acido lattico e il biossido di carbonio) dalle cellule che li producono e li porta dove possono essere espulsi o catabolizzati.
Nei polmoni il sangue cede il biossido di carbonio e preleva l'ossigeno. Il sangue è trasportato nel corpo da una estesa rete di vasi sanguigni. Pertanto il sistema cardiopolmonare è composto dal cuore (che pompa il sangue), dai polmoni (dove il sangue preleva l’ossigeno) e dai vasi sanguigni (che trasportano il sangue attraverso il corpo). Ci sono tre tipi di vasi sanguigni: arterie, capillari e vene. Generalmente le arterie trasportano sangue ossigenato dal cuore verso le varie cellule e tessuti. I capillari sono vasi molto stretti con pareti sottili attraverso cui avviene lo scambio di gas, di sostanze nutritive e di prodotti di scarto delle cellule. Dopo aver attraverso i capillari, il sangue entra nelle vene. Il sistema venoso rappresenta quella rete di vasi attraverso la quale il sangue povero di ossigeno, ma carico di biossido di carbonio, ritorna al cuore per ricominciare il suo flusso ciclico.
L’apparato muscolo-scheletrico rappresenta la base per tutti i movimenti del corpo umano. Nessuno di noi potrebbe fare il più piccolo movimento senza lo scheletro e la capacità specifica dei muscoli di contrarsi.
Infine l’apparato digerente è coinvolto nella trasformazione dell'energia che estrae dagli alimenti di cui l’organismo si ciba. Il cibo che noi ingeriamo, però, non fornisce direttamente energia all'organismo (come avviene nel mondo vegetale), ma ha bisogno di essere modificato chimicamente in elementi nutritivi basilari. Questi nutrimenti vengono poi distribuiti in tutto il corpo ed immagazzinati, in parte, nelle cellule dei tessuti.
L'APPARATO CARDIOVASCOLARE
Il sistema cardiovascolare è costituito dal cuore e dalla rete di vasi sanguigni. E' un sistema idraulico nel quale il cuore ha la funzione di pompa, i vasi hanno la funzione di tubazioni ed il sangue è il liquido che vi scorre. La funzione del sistema cardiovascolare è fondamentale per lo svolgimento di processi chimici vitali per l'organismo e per la distribuzione delle sostanze così sintetizzate a tutti gli organi e tessuti del corpo.
Il cuore
Il cuore è un muscolo composto di una parte sinistra e di una parte destra; ognuna di queste due parti è composta dalla sezione superiore e dalla sezione inferiore: in tutto quattro parti. Le due parti superiori si chiamano atri, le due parti inferiori ventricoli. La parte destra del cuore riceve il sangue venoso (sangue che torna al cuore attraverso le vene) che poi viene spinto nei polmoni. Tutto il sangue proveniente dal sistema venoso entra nell'atrio destro e successivamente fluisce nel ventricolo destro. Quando il cuore si contrae, il ventricolo destro comprime tutto il volume di sangue di cui si è riempito e lo spinge nelle arterie polmonari, verso i polmoni.
Pertanto il sangue entra nell'atrio destro, caratterizzato da una parete piuttosto sottile, destinato a ricevere il sangue venoso di ritorno dal corpo. Poi viene spinto dalla contrazione cardiaca dell'atrio, attraverso la valvola del tricuspide, nel ventricolo destro. II ventricolo è, in pratica, la vera e propria camera di pompaggio del cuore, di questo si ha conferma dal fatto che i ventricoli destro e sinistro costituiscono gran parte della massa muscolare cardiaca. II ventricolo destro pompa il sangue attraverso la valvola polmonare nell'arteria polmonare, fino ai polmoni. Dopo che i globuli rossi hanno scambiato ossigeno ed anidride carbonica al livello degli alveoli polmonari, il sangue ritorna all'atrio sinistro attraverso le vene polmonari. (Paradossalmente, nel circolo polmonare le arterie contengono sangue venoso, mentre le vene contengono sangue arterioso: questo perché il termine di vena o di arteria viene assegnato ad un vaso in relazione al suo rapporto di origine con il cuore e non al tipo di sangue trasportato).
La contrazione dell'atrio sinistro spinge il sangue attraverso la valvola mitrale nel ventricolo sinistro, da dove viene pompato attraverso la valvola aortica in tutto il corpo.
Nei polmoni il sangue riceve ossigeno e libera anidride carbonica nei capillari polmonari. L'ossigeno e, limitatamente, l'anidride carbonica sono portati nei globuli rossi con una proteina chiamata emoglobina.
Il sangue appena ossigenato ritorna nell'atrio sinistro attraverso le vene polmonari, poi fluisce nel ventricolo sinistro. Simultaneamente alla contrazione del ventricolo destro, il ventricolo sinistro si contrae e pompa il sangue attraverso la più grande arteria del corpo - l'aorta - verso tutto il resto del corpo. Quindi la principale funzione del cuore consiste nel pompare il sangue attraverso il corpo. La pressione esercitata dal battito cardiaco costringe il sangue a scorrere continuamente, secondo un itinerario ben definito.
In sostanza, il sistema cardiovascolare ha due vie di circolazione: una è la circolazione polmonare, dal cuore ai polmoni e dai polmoni al cuore; l'altra, detta anche grande circolazione, è il fluire del sangue dal ventricolo sinistro al resto del corpo e ritorno nell’atrio destro.
Ci sono due fasi nel funzionamento ritmico della contrazione cardiaca e relativo rilassamento (ciclo cardiaco): le sistole e le diastole. Le sistole sono relative alla fase di contrazione, le diastole alla fase di rilassamento. Durante le sistole l'atrio si contrae per primo, pompando il sangue al ventricolo; una frazione di secondo più tardi il ventricolo si contrae pompando il sangue ai polmoni ed al corpo.
E' importante ricordare che le parti sinistra e destra del cuore si contraggono nello stesso istante, per cui nello stesso momento il sangue del ventricolo destro è pompato ai polmoni attraverso le arterie polmonari, ed il sangue del ventricolo sinistro è pompato al resto del corpo attraverso l'aorta. Quando il cuore si rilassa durante le diastole, il sangue riempie le sezioni destra e sinistra del cuore preparandosi alla prossima contrazione. E' da notare che durante le diastole il muscolo cardiaco viene alimentato dal suo stesso flusso sanguigno (che fornisce ossigeno) attraverso le arterie coronarie. Uno dei molti benefici di avere un alto livello di benessere cardiopolmonare indotto dallo sport è che il cuore ha tempi di riposo più lunghi (durante le diastole) negli esercizi con intensità submassimale, compreso il riposo, rispetto a quelli di una persona poco allenata.
La gittata cardiaca
La quantità di sangue espulso da ogni ventricolo in un minuto è chiamata gittata cardiaca (Q). Le gittate cardiache dei ventricoli destro e sinistro sono esattamente le stesse; tuttavia il sangue del ventricolo sinistro viene espulso con una forza maggiore di quella impiegata per espellere il sangue dal ventricolo destro: infatti il sangue che esce da quest'ultimo compie un tragitto minore andando ai polmoni e tornando al cuore, mentre il sangue espulso dal ventricolo sinistro percorre tutto il resto del corpo prima di tornare al cuore.
La gittata cardiaca è il prodotto di due fattori. Uno è il battito cardiaco (HR - Heart Rate), cioè il numero dei battiti per minuto (bpm). Il secondo è il volume unitario (SV - Stroke Volume), cioè la quantità di sangue pompato da ogni ventricolo per ogni battito. La quantità SV viene misurata in millilitri (ml). Moltiplicando HR per SV si ottiene la gittata cardiaca secondo la seguente formula: Q=HRxSV
Per esempio se il battito cardiaco è di 60 bpm ed il cuore pompa 70 ml di sangue per ogni battito, la gittata cardiaca sarà:
60 bpm * 70 ml/battito = 4200 ml/minuto
Per inciso, questo rappresenta il valore fisiologico della gittata cardiaca a riposo.
La frazione di espulsione
La quantità di sangue che riempie i ventricoli durante le diastole non sempre viene completamente espulsa durante le sistole. La percentuale del sangue presente nel ventricolo alla fine delle diastole e che viene successivamente espulso durante la contrazione è chiamata frazione di espulsione. La frazione di espulsione durante il riposo è pari al 50% circa; in fase di riposo la necessità di ossigeno da parte delle cellule muscolari è minima, pertanto il cuore riesce a fornire il fabbisogno di ossigeno con uno sforzo minimo. Ma durante un’attività sportiva, quando i muscoli richiedono una maggiore quantità di ossigeno, il cuore reagisce svuotando il ventricolo durante la contrazione. Così, durante l'esercizio la frazione di espulsione può aumentare fino al 100% del sangue presente nel ventricolo alla fine delle diastole. In seguito approfondiremo l'importanza dell'aumento della frazione di espulsione, che comporta un aumento dell'emissione cardiaca.
La frequenza cardiaca
La frequenza cardiaca a riposo oscilla tra i 68 ed i 72 battiti per minuto. Questo valore normalmente si riduce per coloro che si dedicano con regolarità ad un'attività di tipo aerobico come il mezzofondo. Problemi ereditari e di età rappresentano ulteriori fattori in grado di influenzare il battito cardiaco. Una elevata capacità aerobica (ad esempio, l'essere in grado di mantenere a lungo l'esecuzione di un esercizio fisico) può essere determinata geneticamente; inoltre, durante il processo di invecchiamento la capacità aerobica comincia a decrescere ad una velocità direttamente proporzionale al calo del fitness(capacità d’allenamento). Ogni atleta può essere caratterizzato da un diverso livello di fitness aerobico. Per mantenersi entro precisi limiti di sicurezza, gli atleti devono controllare il battito cardiaco durante gli esercizi in modo da non sforzarsi troppo (o, più raramente, troppo poco), allo scopo di raggiungere un livello ottimale d'allenamento e quindi benefico.
Per controllare l'aumento del carico di lavoro cui è sottoposto il cuore durante un'attività fisica di livello elevato, gli atleti devono imparare ad allenare il cuore in modo da fargli sopportare una mole di lavoro progressivamente più alta con il procedere dell'allenamento. In questo modo si fornisce al cuore il tempo di adattarsi a pompare più velocemente ed a rifornire del quantitativo di sangue necessario le aree che ne hanno bisogno.
Poiché il battito cardiaco è un indicatore attendibile del livello dello sforzo compiuto dal sistema cardiorespiratorio durante l'esercizio fisico, negli sports aerobici come le corse lunghe, è una operazione di routine la misura del battito cardiaco. Si raccomanda di eseguire tale controllo ogni 7-10 minuti (Gerson, 1985), in modo da sapere se si stanno eseguendo correttamente gli esercizi e quindi se si stanno traendo adeguati benefici dall'allenamento aerobico.
L’APPARATO RESPIRATORIO
Il sistema polmonare è un complesso di organi e di strutture che hanno il compito fondamentale di rifornire di ossigeno l'organismo, introducendo aria ed espellendo l'anidride carbonica.
I polmoni
Il sistema cardiovascolare è soltanto una parte del sistema cardiorespiratorio; i polmoni rappresentano l'altra metà. La funzione principale dei polmoni è di ossigenare il sangue. Durante l'esercizio, così come avviene a riposo, l'anidride carbonica e l'ossigeno vengono continuamente scambiati tra gli alveoli polmonari ed i capillari del sistema cardiovascolare. Il percorso seguito dai gas respiratori può essere esemplificato nella seguente maniera.
L'aria viene inalata attraverso il naso e la bocca, per poi percorrere un complesso sistema di condotti elastici. L'allenamento aerobico migliora la capacità funzionale del cuore e dei polmoni attraverso un lavoro di "squadra", consistente nell’assunzione di ossigeno e nella successiva distribuzione ai muscoli coinvolti nell'esercizio fisico.
Estrazione dell'ossigeno nei muscoli
Come già detto, uno degli scopi principali del sistema cardiopolmonare durante l'esercizio è di distribuire ossigeno ed altri nutrimenti ai muscoli che stanno lavorando e di portar via, dai muscoli stessi, l'anidride carbonica e altri prodotti di scarto. La gittata cardiaca rappresenta la quantità di sangue (e quindi di ossigeno) che fluisce verso i muscoli ogni minuto. Ma un altro fattore critico, specialmente in fase d’esecuzione degli esercizi, è la quantità di ossigeno prelevata dall'emoglobina (ricordarsi che ciò avviene nei capillari dei muscoli) e successivamente utilizzata nelle cellule dei muscoli in lavoro. Questo processo si chiama estrazione dell’ossigeno.
Normalmente, non tutto l'ossigeno distribuito alle cellule per mezzo delle arterie è prelevato dai capillari. L'ammontare di ossigeno presente nel sangue venoso è certamente inferiore a quello presente nel sangue arterioso; cioè una parte di ossigeno ritorna al cuore. In altre parole siamo capaci di trasmettere al sangue (per mezzo dei polmoni) più ossigeno di quanto siamo in grado di consumare a livello cellulare. Pertanto, in una persona sana, l'incapacità di respirare velocemente non è un fattore limitante delle prestazioni. La maggiore limitazione è invece rappresentata dalla capacità dei muscoli di estrarre ossigeno dal flusso sanguigno da impiegare per produrre energia.
Lo scambio gassoso a livello polmonare avviene secondo gradiente osmotico tra alveoli e relativi capillari circostanti. Negli alveoli c'è un'alta concentrazione di O2 (20% circa) e una estremamente bassa concentrazione di CO2 (0,03% circa), mentre i capillari (che portano sangue che ha già ceduto il proprio ossigeno ai tessuti periferici del corpo e prelevato la CO2) presentano un'alta concentrazione di CO2 e una bassa di O2. Abbiamo già visto come dopo lo scambio gassoso il sangue ritorni al cuore, attraverso le vene polmonari, fino all'atrio sinistro. Da qui il sangue passa poi nel ventricolo sinistro fino alla valvola aortica, per poi distribuirsi a tutto l'organismo. Nel suo percorso il sangue rifornisce di ossigeno tutte le cellule del nostro corpo, liberandole contemporaneamente dell'anidride carbonica prodotta (questa viene eliminata ad ogni espirazione).
Il sistema muscolare
Il muscolo è un organo la cui funzione è quella di contrarsi e di rilassarsi. I muscoli connessi ad una articolazione, ad esempio, lavorano in coppia: uno si contrae per far muovere un osso in una certa direzione e, contemporaneamente, il suo antagonista si rilassa per permettere che l'osso si muova; per far compiere all'osso il movimento opposto, il primo muscolo si rilassa ed il secondo si contrae.
I muscoli del corpo umano sono circa 650 e si suddividono in tre tipi:
1) i muscoli dello scheletro (muscoli volontari) che consentono di muovere a comando la testa, gli arti, la colonna vertebrale: sono muscoli del tipo "striato";
2) i muscoli dei visceri (muscoli involontari) che controllano i movimenti delle pareti degli organi interni quali stomaco, intestino, vasi sanguigni, occhi: sono muscoli del tipo "liscio";
3) il muscolo cardiaco (muscolo involontario) che con le sue contrazioni fa funzionare il cuore come una pompa: è del tipo striato come i primi, ma di struttura più particolare.
In un programma d’allenamento i muscoli maggiormente coinvolti sono quelli volontari, connessi con lo scheletro. Nel corpo umano ci sono circa 620 muscoli volontari che hanno diverse forme e dimensioni. Alcuni sono corti e piccoli, altri larghi e piatti, altri ancora lunghi e fusiformi: ciascuno ha la struttura, la forma e le dimensioni più adatte per svolgere il proprio lavoro. Ogni muscolo svolge una precisa funzione, se considerato singolarmente, ma, se si contrae insieme con altri muscoli per realizzare un certo movimento, può di volta in volta essere il protagonista principale di quel movimento (funzione agonista) o può tendere a fermarlo (funzione antagonista), oppure partecipare attivamente, al pari di altri muscoli, a realizzare un movimento complesso (funzione sinergica).
La contrazione di un muscolo determina un movimento solo nel caso che esso sia ancorato ad ossa articolate fra di loro. Le caratteristiche del movimento che ne consegue dipenderanno quindi dalle inserzioni e dalla potenza del muscolo, nonché dalle caratteristiche meccaniche dell'articolazione interposta tra le due ossa nelle quali è inserito il muscolo.
I muscoli volontari sono, insieme allo scheletro nel quale sono inseriti, i determinanti fondamentali delle forme corporee: una spalla ben tornita o un bel paio di gambe dipendono fondamentalmente da un equilibrato ed armonico sviluppo muscolare. E' per questo che una vita sedentaria o l'eccessivo esercizio muscolare possono alterare le caratteristiche estetiche di un corpo.
Le fibre muscolari
Con le dovute limitazioni dettate dalla generalizzazione, possiamo dire che ci sono due tipi fondamentali di fibre (o cellule) muscolari dello scheletro: le fibre a contrazione lenta (tipo I, toniche-rosse) e fibre a contrazione rapida (tipo II, fasiche-bianche). L'individuazione di questi due tipi di fibre muscolari é stata possibile grazie ad una tecnica di laboratorio chiamata biopsia muscolare. Durante una biopsia muscolare, un campione di tessuto muscolare viene prelevato per mezzo di un ago inserito nel muscolo. Il frammento di tessuto prelevato viene collocato su di un vetrino e colorato con reagenti specifici, per essere poi osservato al microscopio.
Ciascun tipo di fibra ha caratteristiche proprie. La fibra di tipo I si contrae più lentamente della fibra di tipo II. La fibra di tipo I ha molti mitocondri, ha un'alta capacità aerobica, e quindi è resistente alla fatica. Le fibre di tipo I, chiamate anche fibre rosse, sono di sezione più piccola rispetto alle fibre di tipo II.
Le fibre a contrazione rapida, dette anche fibre bianche, vengono suddivise in due sottogruppi: tipo IIa e tipo IIb. Le fibre del tipo IIa sono dette a contrazione rapida ossidante, perché hanno un maggior quantitativo di mitocondri; le fibre del tipo IIb sono dette a contrazione rapida glicolitica. Tuttavia le fibre del tipo IIa non hanno la stessa capacità aerobica delle fibre a contrazione lenta (tipo I).
Per quanto riguarda la distribuzione dei due tipi di fibre valgono le considerazioni seguenti:
1) innanzitutto in ogni individuo la distribuzione delle fibre lente e di quelle rapide è diversa nei diversi muscoli; per esempio, il rapporto tra i due tipi di fibre è diverso fra bicipiti e quadricipiti come pure fra deltoidi e tricipiti.
2)nello stesso muscolo di diversi individui è molto probabile che vi sia un diverso contenuto percentuale dei due tipi di fibre; una persona può avere un'alta percentuale di fibre di tipo II nei quadricipiti, e un'altra può averne uno scarso contenuto. A titolo indicativo, atleti di potenza come i sollevatori di pesi hanno il % di fibre a contrazione rapida nei muscoli che sono maggiormente utilizzati nello svolgimento del loro sport. Invece, atleti di resistenza come i fondisti hanno probabilmente il 60-90% di fibre muscolari a contrazione lenta nei loro muscoli più sollecitati.
E’ utile sapere che, con un allenamento alla resistenza di breve durata, non é possibile modificare le fibre del tipo II in fibre del tipo I, ma è invece possibile aumentare la capacità aerobica delle fibre a contrazione rapida. Analogamente, un allenamento di potenza non modifica le fibre di tipo I in fibre di tipo II. Le caratteristiche dei tipi di fibre e la loro risposta all'allenamento sono molto complesse; per la loro comprensione è consigliabile consultare testi specifici. In questa sede è sufficiente sottolineare che in un individuo la composizione delle cellule muscolari è determinata geneticamente; con l'allenamento non è possibile modificare un tipo di fibra in un altro; chi si allena deve attenersi a programmi di allenamento individuali e comprendere le ragioni per cui persone diverse rispondono in modo diverso ad uno stesso programma di allenamento. Non ci sono differenze tra maschi e femmine per quanto riguarda la distribuzione dei diversi tipi di fibre muscolari; fisiologicamente i muscoli maschili sono identici a quelli femminili, con gli stessi tipi di fibre, con la stessa distribuzione e con le stesse prestazioni.
I muscoli scheletrici
Le cellule muscolari, siano esse del tipo a contrazione lenta che del tipo a contrazione rapida, si contraggono sempre con lo stesso meccanismo, anche se le fibre di tipo II si contraggono più rapidamente di quelle di tipo I. I muscoli sono costituiti da molte fibre muscolari singole. Guardando una fibra muscolare al microscopio, si osserva che essa è costituita da moltissimi unità elementari allineate, chiamate sarcomeri. Inoltre, lungo tutta la fibra muscolare ci sono catene di proteine chiamate miofibrille. In una miofibrilla ci sono numerose proteine, ma le uniche importanti nel processo di contrazione di un muscolo sono le proteine actina e miosina, conosciute anche come le proteine contrattili.
La contrazione muscolare
Perché avvenga la contrazione di un muscolo, è necessario che ci sia un quantitativo sufficiente di ATP in prossimità delle proteine actina e miosina, e che ci sia un comando dal sistema nervoso centrale. Quando questi due fattori sono presenti, le sottili estremità (teste) della miosina si attaccano all'actina, formando un ponte incrociato actina-miosina. Il processo è conosciuto come: teoria dei filamenti scorrevoli.
L'energia dell'ATP fa sì che le estremità della miosina ruotino verso il centro del sarcomero, trascinando il filamento dell'actina ad esse attaccato, in modo tale che l'actina scorra verso l'interno, verso il centro del sarcomero. Questo processo fa sì che ciascun sarcomero si accorci, lungo tutto il muscolo; poiché tutti i sarcomeri si accorciano nello stesso istante, si verificherà una riduzione della lunghezza dell'intera fibra muscolare. Quando molte fibre si accorciano, si ha una contrazione muscolare; questa consiste, dunque, nell'accorciamento simultaneo di un elevato numero di fibre dello stesso muscolo. Non sempre ad una contrazione della fibra e a un suo accorciamento segue l’accorciamento dell'intero muscolo. Una contrazione concentrica è quella che comporta l'accorciamento del muscolo; una contrazione eccentrica è quella che avviene quando la resistenza è maggiore della forza sviluppata, e quindi il muscolo in effetti si allunga; una contrazione isometrica è la contrazione delle singole fibre, senza modifiche della lunghezza dell'intero muscolo.
Per riassumere, la contrazione muscolare è una interazione fra le proteine actina e miosina, che provoca un accorciamento delle singole fibre muscolari, stimolata da un impulso nervoso e favorita dall'energia dell'ATP.
Forza di contrazione
Quando una fibra muscolare si accorcia, essa esercita una forza. Poiché i muscoli dello scheletro funzionano secondo il criterio del "tutto o niente", quando una singola fibra si accorcia, essa genera la massima forza di cui è capace, ovvero non è in grado di dosare la forza di contrazione (come, invece, avviene nel muscolo cardiaco). L'entità della forza prodotta durante la contrazione di un muscolo, dipende da due fattori:
1) la dimensione delle singole fibre (una fibra è tanto più forte quanto più è grande);
2) il numero di fibre muscolari che si contraggono simultaneamente.
La forza generata dalla contrazione muscolare è legata anche alla velocità del movimento intorno all'articolazione ed alla lunghezza iniziale del "ventre" del muscolo. La relazione forza e velocità di contrazione è inversamente proporzionale: quanto più veloce è il movimento tanto più bassa sarà la forza generata dal muscolo in contrazione. Per esempio, il bicipite sviluppa una maggiore forza durante la contrazione se la velocità di rotazione attorno al gomito è di 60 gradi al secondo, di quanta ne sviluppa se la velocità è di 180 gradi al secondo. La relazione forza-lunghezza indica che un muscolo genera la forza massima quando inizia a contrarsi ad una lunghezza pari a 1,2 volte la lunghezza a riposo. Questo spiega perché alcuni atleti come i giocatori di baseball o di golf, eseguono alcuni leggeri esercizi di stretch prima di iniziare i movimenti oscillanti.
Dimensione della fibra muscolare
La forza generata da una fibra è proporzionale alla sua sezione: una fibra larga esercita una forza maggiore di una fibra stretta. Inoltre, la forza esercitata da un muscolo di una determinata sezione è la stessa sia se il muscolo appartiene ad un uomo sia se esso appartiene ad una donna. Gli uomini sono generalmente più forti perché hanno una maggiore quantità di tessuto muscolare.
Comunque le donne reagiscono altrettanto bene degli uomini ad un programma di allenamento alla forza; cioè un programma di allenamento alla forza è per tutti e due i sessi una componente importante di un programma di benessere fisico.
Unità motrici
In ogni muscolo, le fibre sono stimolate singolarmente o a gruppi. L'insieme del nervo (collegato al midollo spinale) e delle fibre muscolari da esso stimolate è chiamato unità motrice. Le unità motrici hanno diverse dimensioni. Ci sono unità motrici nelle quali il nervo stimola solo 5-10 fibre; a queste sono associati movimenti piccoli, delicati come muovere gli occhi, battere le palpebre, dipingere. Ma ci sono anche unità motrici che consistono di un nervo e di 500-1000 fibre; queste sono chiamate in causa quando si svolgono attività come sollevamento pesi, gioco del calcio, salto.
Indipendentemente dalla loro dimensione, le unità motrici sono costituite da fibre di tipo I e da fibre di tipo II. Quando le fibre di una unità motrice si contraggono, tutte le fibre muscolari di questa unità si contraggono insieme, ed inoltre sviluppando la massima forza (tutto o niente); la forza totale sviluppata dipende da quante unità motrici si contraggono simultaneamente.
Capacità, forza e resistenza
E’ di estrema importanza impostare le basi teoriche di un corretto allenamento su tre aspetti:
· tecnica degli esercizi,
· tecnica allenante,
 tecnica didattica e psicopedagogica.
A questo proposito è utile ricordare i significati generali attribuiti ai vocaboli capacità, potenza, forza e resistenza. In questo contesto tali vocaboli vengono esaminati secondo un senso comune per ogni disciplina ginnico-sportiva; questo per far sì che chiunque possa rendersi conto che la metodologia di allenamento, pur avendo basi comuni, varia in ragione delle esigenze di ogni disciplina.
Confrontando la capacità aerobica di un maratoneta da 2 ore e 30 minuti con quella di un ottimo allievo di ginnastica aerobica, si potrebbe pensare che il maratoneta possa essere avvantaggiato. La capacità, in senso generale, è collegata ad un concetto di quantità e di autonomia, come dire quanto serbatoio, quanta durata, anche se abbinata a diversi livelli di intensità. Nel ginnasta la capacità è collegata alla durata della gara, nel maratoneta ai suoi 42 e passa chilometri, nel velocista ai pochi secondi che dura la competizione, nell'ottocentista ai due giri di pista a quella certa andatura. Poi, caso per caso, si può esaminare se occorre più o meno capacità aerobica, anaerobica lattacida o alattacida. La potenza, sempre in senso generale, è collegata ad un valore di quantità di energia esprimibile effettivamente con quel tipo di metabolismo sfruttandolo al limite ed al meglio possibile. In conseguenza di ciò il tempo, e non l'economia ed il minor sforzo, gioca un ruolo determinante in quanto si tratta di vedere quanto può dare e quanto può durare nei suoi limiti, e non quanto può essere prolungata l'azione economizzando l'energia (capacità o resistenza). Con la potenza si spara, con la capacità si carica. Ad esempio per allenare la potenza aerobica, un fondista effettua generalmente lavori dai 1000 ai 3000 metri ad andature più elevate di una gara di 10000 metri; l'adeguamento a tali intensità di tutto l'organismo dovrebbe via via innalzare la sua "soglia". Ma per arrivare ad allenamenti di "potenza", il nostro amico fondista deve aver già ben lavorato sulla funzionalità del suo sistema cardiorespiratorio, sulla funzionalità muscolo-legamentosa e così via, deve cioè possedere un'ottima "capacità" di base, in questo caso aerobica. Da questo esempio è comprensibile che in ginnastica aerobica, un lavoro di "potenza" si avvicina al famoso 85% dell'intensità aerobica e che questo, una volta raggiunto, spesso richiamato e saputo mantenere con una buona capacità, sia "il" lavoro allenante, in forma ottimale, dell'apparato cardiorespiratorio.
Nei soggetti allenati, un lavoro meno intenso e più prolungato va sempre e comunque programmato, in quanto solo con questo lavoro le sollecitazioni organiche vengono preparate al lavoro più "duro" e, nello stesso tempo, imparano a "ben funzionare" in tempi prolungati, ad avere cioè, "resistenza".
Pertanto lo sviluppo di capacità non prevede allenamenti al limite dell'espressione d’energia, ma della migliore ed efficace espressione d’energia protratta nel tempo; la potenza, invece, vuole vedere "quanta" energia è esprimibile sfruttando al massimo quel determinato meccanismo. A questo proposito è utile ricordare che tutti i meccanismi energetici del metabolismo cardiorespiratorio e muscolare, cioè l'aerobico, l'anaerobico lattacido e l'anaerobico alattacido posseggono caratteristiche di allenabilità sia per la capacità che per la potenza. La potenza alattacida (identificata a volte con la forza esplosiva) è legata al massimo dispendio d’energia nel minimo tempo; la capacità aerobica, chiamata anche endurance, è legata al minimo dispendio di energia nel massimo tempo. Questi sono i due estremi, in relazione al tempo, delle prestazioni fisico-sportive di un essere umano.
Anche per la forza è utile introdurre l'argomento con un esempio: un sollevatore di pesi può trarre un giovamento generale dalla forza e resistenza muscolare che si effettua in ginnastica aerobica con i "pesetti" o gli elastici, giovamento che però non è specifico per le sue esigenze di prestazione sportiva; lo stesso dicasi per un velocista di atletica leggera, il quale ha ovviamente bisogno di mantenere iper efficienti soprattutto le sue fibre bianche con allenamenti di forza elastica, veloce e reattiva, spesso e volentieri balistici. Anche per la forza, quindi non dobbiamo e non possiamo fare di tutta l'erba un fascio. Prendiamo la semplice definizione di forza: possibilità muscolare di opporsi o di vincere una resistenza sottoforma di massa contraria. Quando andiamo ad esaminare quanta resistenza, per quanto tempo ed a che velocità di esecuzione allora stiamo esaminando i vari "tipi" di forza. Quindi, se si effettuano attività in cui un gruppo muscolare vince o si oppone ad una resistenza qualsiasi (anche la forza di gravità), applichiamo una forza. Esistono due situazioni che caratterizzano lo "stato" muscolare: il tono ed il trofismo. Il tono, come si sa, è la minima contrazione basale, continuamente presente, che permette alle fibre muscolari di rispondere efficacemente ad un superiore stimolo di contrazione, non scompare mai se non in particolari attività di rilassamento, tende ad aumentare con l'attività fisica di qualsiasi tipo ma, alle volte, può essere squilibrato da ipocinesia, ipertrofia e/o problemi al sistema nervoso centrale. II trofismo esprime la qualità muscolare di corrispondere efficacemente a stimoli di elevato contenuto e consumo energetico all'interno della fibra muscolare stessa.
Si ricordi che l'attività muscolare può e deve essere sollecitata, per un ottimo fitness, a misura d'uomo. Il benessere globale cioè prevede qualità di forza che un completo allenamento dovrebbe salvaguardare; ad esempio, gli arti inferiori posseggono doti naturali e funzionali che si esprimono e si sviluppano correndo e saltando, anche da adulti. Ormai in quasi tutte le palestre né si corre né si salta più. Un altro esempio riguarda la muscolatura lombare, essenziale cintura di mantenimento della fisiologica lordosi, che ormai viene quasi soltanto allungata e molto raramente atrofizzata, con il risultato che spesso le vertebre lombari si squilibrino perché non sostenute dall'unica muscolatura che sta in loro contatto, che non è certo quella addominale. Riassumiamo brevemente le varie essenziali tipologie della forza:
· forza massima o massimale: massimo valore di forza esprimibile con la contrazione di tutte le fibre muscolari;
· forza statica: forza che si esprime con minima escursione muscolare per lo più equilibrante (vedi ginnasta o funambolo); è di basilare importanza in quanto sollecita il circuito gamma e il sistema extrapiramidale;
· forza veloce: applicazione della forza con contrazioni e decontrazioni muscolari efficaci, dipendenti dalla velocità di esecuzione; e' molto utile svilupparla in età evolutiva;
· forza elastica: applicazione della forza che sfrutta la qualità elastica del muscolo;
· forza reattiva: applicazione della forza che sfrutta la qualità di reazione muscolare a stimoli a volte unici, a volte ravvicinati in rapida successione.
Quando si cerca di far durare nel tempo le applicazioni di tali forze, ovviamente senza eccessiva diminuzione dell'efficacia, si parla di "resistenza alla forza".
La resistenza
La definizione indica la resistenza come la capacità di prolungare nel tempo una qualsivoglia attività fisica. Tale definizione è adattabile alla velocità (resistenza alla velocità), alla forza (resistenza alla forza), al metabolismo aerobico (resistenza aerobica o endurance) e mette in luce una comunanza fondamentale. La resistenza è un concetto di capacità, cioè di autonomia, è legata, quindi, al saper sfruttare le energie senza sprecarle il più a lungo possibile. Linguisticamente parlando, la differenza fondamentale tra capacità e resistenza consiste nel fatto che la prima è come il serbatoio, la seconda è il saperlo utilizzare senza sprechi il più a lungo possibile. La prima è una qualità sviluppabile sempre presente, la seconda è un'azione migliorabile con una tecnica di allenamento e con fattori psicologici.
Un ulteriore utile parallelismo che bisognerebbe ricordare è la divisione delle capacità motorie in condizionali e coordinative. Le prime sono "dipendenti in gran percentuale" dalle possibilità puramente energetiche e meccaniche dell'apparato locomotore, nonché, ovviamente, dalle condizioni psicologiche dell'atleta o dell'allievo e sono: forza, resistenza, velocità. Le seconde, intese come "capacità di organizzare e controllare il movimento", dipendono in gran percentuale dalle condizioni cognitivo-operazionali e psicomotorie dell'atleta o dell'allievo nonché, anche qui, da quelle psicologiche. Le capacità coordinative furono riassunte da Blume nel 1981 in:
· capacità di accoppiamento e combinazione dei movimenti
· capacità di differenziazione
· capacità di equilibrio
· capacità di orientamento
· capacità di ritmo
· capacità di reazione
· capacità di trasformazione.
Si dovrebbe avere sempre presente che in tutto ciò le condizioni psicologiche, le motivazioni; gli stati d'animo degli atleti giocano un ruolo effettivamente prezioso per l'attività stessa. Ciò che definiamo ed indichiamo come capacità fisiche (motorie) è anche un risultato o una possibilità di una disposizione individuale e finalizzata al movimento senza la quale manca il padrone del movimento stesso, pur essendo presente il suo corpo, cioè il soggetto.
E' interessante a questo punto ricordare lo specchietto che negli anni '70, cioè in pieno boom di psicomotricità, i fratelli S. ed E. Fabbri descrissero come fattori di ordine psicomotorio:
· educazione e controllo della respirazione
· equilibrio statico, statico-dinamico e dinamico
· definizione e coordinazione della lateralità
· coordinazione senso-motoria· strutturazione spazio temporale
· controllo di tono e rilassamento psicosomatico
· percezione posturale globale e intersegmentaria
· coordinazione dinamica generale.
E' chiaro che in un adulto tali fattori dovrebbero essere pienamente acquisiti ma, ahimè, non è sempre così. Se l'insegnante di fitness nota carenza di alcuni di questi fattori e che tale carenza persiste, dovrà trovare delle strade metodologiche psicomotorie per risolvere il problema, costruendo esercizi, percorsi, circuiti, lavori di coppia o di gruppo in cui "ammuffiti" circuiti interneuronici vengono rispolverati, e soprattutto, dovrà inserire l'allievo in classi meno avanzate.
 
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